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Diocesi di Alessandria

Diocesi della Chiesa cattolica in Italia

La diocesi di Alessandria (in latino Dioecesis Alexandrina Statiellorum) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell'arcidiocesi di Vercelli e appartenente alla regione ecclesiastica Piemonte. Nel 2022 contava 140.500 battezzati su 153.500 abitanti. È retta dal vescovo Guido Gallese.

Diocesi di Alessandria
Dioecesis Alexandrina Statiellorum
Chiesa latina
Suffraganea dell'arcidiocesi di Vercelli
Regione ecclesiasticaPiemonte
 
Mappa della diocesi
Provincia ecclesiastica
Provincia ecclesiastica della diocesi
Collocazione geografica
Collocazione geografica della diocesi
 
VescovoGuido Gallese
Vicario generaleGianni Toriggia
Vescovi emeriticardinale Giuseppe Versaldi
Presbiteri57, di cui 48 secolari e 9 regolari
2.464 battezzati per presbitero
Religiosi10 uomini, 119 donne
Diaconi7 permanenti
 
Abitanti153.500
Battezzati140.500 (91,5% del totale)
StatoItalia
Superficie740 km²
Parrocchie74 (4 vicariati)
 
Erezione1175
Ritoromano
CattedraleSanti Pietro e Marco
Santi patroniMadonna della Salve
San Baudolino
San Pio V
Indirizzovia del Vescovado, 1, 15121 Alessandria
Sito webwww.diocesialessandria.it
Dati dall'Annuario pontificio 2023 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Italia

Territorio

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Il territorio della diocesi è interamente distribuito sulla provincia di Alessandria e comprende i comuni di Alessandria, Borgoratto Alessandrino, Carentino, Casal Cermelli, Predosa, Castelspina, Bassignana, Rivarone, Valenza, Alluvioni Cambiò, Isola Sant'Antonio, Castellazzo Bormida, Felizzano, Quargnento, Frugarolo, Oviglio, Pietra Marazzi, Gamalero, Pecetto di Valenza, Montecastello, Bosco Marengo, Pasturana, Piovera, Tassarolo, Frascaro, Solero e Capriata d'Orba.

La diocesi confina a nord con la diocesi di Casale Monferrato, ad ovest con la diocesi di Asti, a sud-ovest la diocesi di Acqui, a sud, per breve tratto, con l'arcidiocesi di Genova e ad est con la diocesi di Tortona.

Sede vescovile è la città di Alessandria, dove si trova la cattedrale dei Santi Pietro e Marco.

Zone, unità pastorali e parrocchie

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Parrocchie della diocesi di Alessandria.

La diocesi è composta da 74 parrocchie distribuite su un territorio di 753 km² ed è divisa in 4 zone pastorali[1] accorpando le precedenti 7[2][3], e con il decreto episcopale dato in Alessandria l’11 novembre 2022[4], sono inoltre state identificate 9 unità pastorali:

 
Mappa della diocesi
  1. Zona pastorale "Alessandria"
    1. unità pastorale Sette Chiese che comprende 7 parrocchie;
    2. unità pastorale Spalti che comprende 6 parrocchie;
    3. unità pastorale Cristo che comprende 3 parrocchie;
  2. Zona pastorale "Valenza - Po"
    1. unità pastorale Valenza che comprende 15 parrocchie;
  3. Zona pastorale "Marengo – Fraschetta"
    1. unità pastorale Fraschetta-Marengo che comprende 11 parrocchie;
    2. unità pastorale Lungotanaro che comprende 6 parrocchie;
  4. Zona pastorale "Fiumi"
    1. unità pastorale Orba che comprende 8 parrocchie;
    2. unità pastorale Bormida che comprende 12 parrocchie;
    3. unità pastorale Tanaro che comprende 6 parrocchie.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Alessandria.
 
Facciata dell'antica Cattedrale di San Pietro demolita nel 1803 su ordine di Napoleone Bonaparte[5].
 
Palazzo Inviziati[6], residenza del vescovo di Alessandria.

La diocesi venne eretta nel 1175 per volere di papa Alessandro III, a cui era stata dedicata la città, con la bolla Sacrosanctæ Romanæ Ecclesiæ[7], con la quale il pontefice onora con la dignità episcopale «la chiesa e la città che è stata costituita in onore di San Pietro e per utilità e gloria di tutta la Lombardia».

Successivamente, con il breve De novitate del 30 gennaio 1176[8] Alessandro III si scusa di aver eletto motu proprio il vescovo[9] e dichiara che questo non deve pregiudicare in futuro il diritto di nomina che spetta al capitolo della cattedrale. La nuova diocesi è resa suffraganea dell'arcidiocesi di Milano.

L'estensione della diocesi originaria era pressoché simile a quella odierna, tranne per il confine orientale con la diocesi di Tortona che non aveva una precisa delimitazione.[10]

Nel breve Congruam officii[11] al vescovo Ottone (18 luglio 1178 oppure 1180), Alessandro III confermava la costituzione del capitolo dei canonici della Cattedrale di San Pietro, attuata da Ottone, e riconosceva alla giovane Chiesa alessandrina tutti i suoi possedimenti.

La vita della diocesi, nei suoi primi decenni, fu molto travagliata per discordie di giurisdizione con la diocesi di Acqui, dal cui territorio era nata la sede alessandrina. Papa Alessandro diede incarico all'arcivescovo milanese Algisio di unire le due sedi sotto il vescovo di Acqui, ma per l'opposizione sia di Ottone che del vescovo di Acqui la disposizione non ebbe effetto. La diocesi alessandrina rimase vacante per lungo tempo.

Nel maggio 1205 papa Innocenzo III riprese in mano la questione, decidendo di dare attuazione alle disposizioni di Alessandro III. Fu rinnovata l'unione aeque principaliter delle due sedi con la bolla Cum beatus Petrus[12] e il vescovo acquese Ugo Tornielli divenne anche vescovo di Alessandria, con l'obbligo di risiedere sei mesi in una città e sei mesi nell'altra. Ma i dissidi fra le due diocesi furono tali che alla fine, nel novembre 1213, Ugo Tornielli decise di dimettersi.

 
Chiesa di Santa Maria di Castello, Alessandria

Da questo momento Alessandria, benché ancora formalmente unita ad Acqui, non ebbe più vescovi propri; inizialmente fu governata dal capitolo della cattedrale e poi, dal 1235, dall'arcidiacono capitolare. Il vescovo di Acqui, alla cui sede era unita quella di Alessandria, non si preoccupò mai della Chiesa alessandrina, e, ad eccezione di un solo caso, nessuno dei vescovi acquesi portò mai la titolazione di vescovo di Alessandria.[13]

Questo status quo durò fino a quando papa Innocenzo VII, con la bolla Sedis Apostolicae del 15 aprile 1405[14], riorganizzò la diocesi e nominò vescovo l'agostiniano Bertolino Beccari.[15]

In occasione del riordino delle diocesi piemontesi voluto da Napoleone Bonaparte, la sede alessandrina si ampliò con il territorio delle soppresse diocesi di Bobbio, Tortona e Casale.[16] Tuttavia Napoleone decise di trasformare la città di Alessandria in una delle roccaforti dell'impero; per esigenze militari furono perciò demolite la cattedrale e le strutture adiacenti.[17] Questo impose il trasferimento a Casale della sede vescovile, con decreto del cardinale Caprara, plenipotenziario di papa Pio VII nell'impero francese, del 17 luglio 1805.[18] Questo impose de facto la soppressione della diocesi di Alessandria e la sua ridenominazione in "diocesi di Casale".

La sede alessandrina stata ristabilita il 17 luglio 1817 con la bolla Beati Petri di Pio VII e nel contempo è divenuta suffraganea della nuova arcidiocesi di Vercelli.

Il 3 maggio 1936, con la lettera apostolica Cum in oppido, papa Pio XI ha proclamato San Pio V patrono secondario della diocesi[19].

I titoli del Vescovo

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Abbazia di San Pietro (Bergoglio) e Storia di Alessandria.

Fino agli anni ‘60 del XX secolo, il vescovo di Alessandria portava, tra gli altri, il titolo nobiliare di conte, e il titolo onorifico di abate dei Santi Pietro e Dalmazzo. Più precisamente quest'ultimo è: "abate dell'insigne Collegiata dei Santi Pietro e Dalmazzo".

Secondo Giuseppe Chenna[20] il titolo di conte è da far risalire al XV secolo, al vescovo Bertolino Beccari, il quale, come primo vescovo dopo il lungo periodo degli arcidiaconi, assunse tale titolo trasmesso poi a suoi successori. Non è dato sapere, però, né il motivo né il modo con i quali abbia acquistato questo diritto. Ludovico Antonio Muratori prova che altri vescovi, nello specifico quelli di Novara, Vercelli, Asti e Tortona l'ebbero per concessione degli imperatori. Il Muratori specifica che i vescovi italiani, intorno al X secolo, si adoperarono al fine di ottenere anche il potere temporale delle città che governavano spiritualmente[21]. Non esistono prove che il vescovo Bertolino seguì questo solco, rimane il fatto che da lui il titolo di conte venne trasmesso ininterrottamente a tutti i suoi successori.

Per quanto risguarda il titolo di abate, si può dire sia stato il risultato di un divenire storico che affonda le sue radici in un periodo antecedente alla fondazione della città. San Pietro, detto di Bergoglio (o Borgoglio), dal nome del borgo oltre il fiume Tanaro nel quale si trovava, era un monastero benedettino che esisteva ben prima della formazione della città e di cui si ha la prima traccia in una bolla di papa Alessandro III del 1162. Viene in seguito data in commenda e nel 1520 Giulio de Medici, futuro papa Clemente VII e cugino del contemporaneo papa Leone X, soppresse il monastero benedettino sostituendolo con una collegiata secolare abbaziale.

La collegiata rimase nella sua chiesa in Bergoglio fino al 1728, quando dovette trasferirsi a seguito della demolizione dell'intero quartiere ordinata da re Vittorio Amedeo II per la costruzione della nuova cittadella militare. Approfittando di ciò e del fatto che l'abate Curioni era deceduto da otto mesi, quindi la dignità era vacante, papa Benedetto XIII con bolla del 22 aprile 1728 estinse la commenda abbaziale e la unì con i suoi redditi alla "mensa vescovile" ed è per questo che da quel momento il vescovo di Alessandria porta il titolo di abate della collegiata.

Cronotassi dei vescovi

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Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

 
Il vescovo Ottone Ghilini
 
Lapide dedicata al vescovo Giuseppe Pietro Gagnor (Frassinere 1945-1964)

Santi e beati della diocesi

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Cattedrale di Alessandria, cappella di san Baudolino, edicola con il sarcofago di san Baudolino posto sopra l'altare.

Statistiche

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La diocesi nel 2022 su una popolazione di 153.500 persone contava 140.500 battezzati, corrispondenti al 91,5% del totale.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
1959 142.500 143.000 99,7 185 138 47 770 41 123 65
1970 150.129 150.737 99,6 168 128 40 893 46 450 70
1980 163.292 165.484 98,7 188 130 58 868 1 70 400 76
1990 145.775 146.192 99,7 148 111 37 984 1 44 280 75
1999 144.000 145.000 99,3 122 94 28 1.180 9 36 287 75
2000 141.109 143.501 98,3 120 93 27 1.175 11 36 261 75
2001 147.880 150.990 97,9 113 88 25 1.308 10 32 265 75
2002 151.486 154.768 97,9 108 86 22 1.402 11 27 222 75
2003 151.486 154.768 97,9 102 82 20 1.485 10 22 204 75
2004 151.410 154.812 97,8 111 87 24 1.364 10 30 197 75
2006 150.100 156.200 96,1 102 82 20 1.471 13 26 192 75
2012 151.000 162.900 92,7 92 74 18 1.641 9 22 182 75
2015 149.506 159.822 93,5 82 64 18 1.823 9 21 145 75
2018 144.918 159.750 90,7 68 54 14 2.131 9 18 137 74
2020 142.035 156.978 90,5 57 46 11 2.491 7 12 123 74
2022 140.500 153.500 91,5 57 48 9 2.464 7 10 119 74
  1. ^ Stefano Tessaglia.
  2. ^ Alessandria, Bormida, Fraschetta, Marengo, Orba, Valenza Po, Tanaro
  3. ^ Le zone pastorali di "Alessandria Centro", "Alessandria Cristo" e "Alessandria Periferia" erano già state riunite in precedenza nella zona pastorale "Alessandria"
  4. ^ Andrea Antonuccio.
  5. ^ Giulio Ieni, II.
  6. ^ Palazzo Inviziati.
  7. ^ Roberto Livraghi.
  8. ^ Giuseppe Cappelletti, pp. 534-535.
  9. ^ Il documento non menziona il nome del vescovo, che potrebbe essere sia Arduino che il suo successore Ottone.
  10. ^ Giuseppe Antonio Chenna, pp. 5-6 Scrive il Chenna «[...] Non può credersi certamente che sia stata costituita quale di presente si trova; se però è lecito, finché non si produca alcun convincente monimento, che rischiari questo bujo, avventurare quale congettura, la quale non sia senza fondamento; si propone che la diocesi Alessandrina possa essere stata formata dei luoghi, e delle ville, che seguono; e se pure gliene furono assegnati altri di più, debba credersi, che questo non gli abbia la Chiesa d'Alessandria fin d'allora conseguiti, ed alcuni di essi non mai, e sono. ROVERETO, o sia la città stessa d'Alessandria edificatasi nello stesso castello di Rovereto, o presso il medesimo, Bergoglio, Bergamasco, Carentino, Felizzano, Foro, Fubine, Gamondio, San Giuliano (Successivamente, nel XVIII secolo, si suddividerà in due distinti paesi San Giuliano Nuovo e San Giuliano Vecchio), Lu, Marengo, Oviglio, Portanova, Quargnento, Solero. A questi luoghi però si possono aggiungere alcuni altri, i quali si credono non per anco esistenti nel 1175, ma fondati, e formati in appresso nei territorj delle ville sopra menzionate, cioè: Borgoratto, Casal Cermelli, Casalbagliano, Cascinagrossa, Cantalupo, Castelceriolo, Castelferro, Castelspina, Lobbi. [...]»
  11. ^ Giuseppe Cappelletti, pp. 535-536.
  12. ^ Giuseppe Cappelletti, pp. 540-543.
  13. ^ Secondo Cappelletti, per la sua fedeltà all'imperatore, la città di Alessandria fu privata dal 1213 al 1240 della dignità episcopale; ripristinata la diocesi nel 1240, fu governata dai vescovi di Acqui fino al 1405. Secondo Savio invece nel 1240 papa Gregorio IX avrebbe sciolto l'unione tra Acqui ed Alessandria, ma senza nominare vescovi alessandrini fino al 1405.
  14. ^ Giuseppe Cappelletti, pp. 551–553.
  15. ^ Rafael Lazcano, pp. 435-436.
  16. ^ Testo della lettera apostolica Gravissimis causis, pubblicata in edizione latina e traduzione francese in: Bulletin des lois de l'Empire français, quarta serie, tomo terzo, pp. 58-69. A seguire la lettera esecutoria del cardinale Caprara (pp. 69-92), con la quale vengono definiti ed elencati i borghi e i paesi appartenenti a ciascuna delle diocesi piemontesi.
  17. ^ Giulio Ieni, La demolizione della cattedrale antica, su diocesialessandria.it, Diocesi di Alessandria, 1988. URL consultato il 1º marzo 2015 (archiviato dall'url originale il 9 febbraio 2015).
  18. ^ Card. Caprara, Decreto di traslazione, in Raccolta di leggi, decreti, proclami, manifesti, ecc., XX, Torino, [?], pp. 319-320.
  19. ^ Acta Apostolicæ Sedis, pp. 398-399.
  20. ^ Giuseppe Antonio Chenna, pp. 244.
  21. ^ Ludovico Antonio Muratori, dissertazione LXXI.
  22. ^ Vescovo di Acqui, con la cui diocesi la sede alessandrina venne unita.
  23. ^ Giuseppe Antonio Chenna, p. 247
  24. ^ Durante la sospensione di Michele Mantegazza, dal 1425 al 1432, fu amministratore diocesano Antonio Lanzavecchia, già abate dell'Abbazia di Santa Giustina di Sezzadio. Alla morte del vescovo Mantegazza, nel 1432, la sede episcopale fu vacante e il papa Eugenio IV nominò il 13 gennaio 1432 un nuovo amministratore, Giorgio Lanzavecchia dell'Ordine dei frati minori. Il 14 gennaio 1437 vi fu una nuova nomina, quella di Galvagno Firuffino, abate dell'Abbazia di San Pietro in Bergoglio. Cfr. Giuseppe Antonio Chenna, p. 247.
  25. ^ Girolamo Ghilini, p. 161.
  26. ^ Rafael Lazcano, pp. 437-440.

Bibliografia

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Storia, annalistica

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Codici, bolle, opere

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Risorse in rete

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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