Diritto & Diritti, Rivista giuridica elettronica, 2019
La prospettiva sostanzialistica nell’interpretazione del contratto di avvalimento va sempre più a... more La prospettiva sostanzialistica nell’interpretazione del contratto di avvalimento va sempre più affermandosi
Diritto & Diritt, Rivista giuridica elettronica, ISSN 1127-8579, 2019
Nel 2012 (e quindi nel vigore del D.lgs. 163/2006) R.F.I. rigettava una richiesta di revisione de... more Nel 2012 (e quindi nel vigore del D.lgs. 163/2006) R.F.I. rigettava una richiesta di revisione del corrispettivo di un contratto di pulizie: attraverso la richiesta l’operatore economico affidatario mirava ad adeguarlo agli aumenti contrattuali dovuti in applicazione di una sopravvenuta contrattazione collettiva.
Il ricorso, sinteticamente, mirava a sostenere l’illegittimità costituzionale del mancato richiamo dell’art. 115 D.lgs. 163/2006 (il cui primo periodo così recitava: “tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo”) da parte dell’art. 206 D.lgs. 50/2016, che individuava le “norme applicabili” ai contratti relativi ai settori speciali.
Nel ricorso, inoltre, si configurava il servizio di pulizie come “neutro” e, pertanto, non funzionale, non strumentale alle attività che costituiscono il core della specialità che giustifica la diversa disciplina.
Con sentenza n. 433 dell’11 giugno 2014 il Tar Sardegna rigettava il ricorso, non rimettendo la q.l.c. alla Corte Costituzionale e ritenendo invece sussistente in concreto il nesso di strumentalità.
In appello, però, il ricorrente spostava l’asse del parametro di supposta illegittimità degli artt. 115 e 206 (ed altre disposizioni) dalle norme costituzionali al diritto comunitario, insisteva sulla diversa configurazione del contratto di pulizie come “neutro” e prefigurava perfino l’illegittimità della stessa Direttiva 2004/17.
Con una prima ordinanza di rinvio pregiudiziale (n. 1297 del 22 marzo 2017) il Consiglio di Stato, dopo aver convenuto con il giudice di prime cure riguardo l’affermazione del carattere strumentale del servizio di pulizie, poneva al giudice comunitario due questioni concernenti:
la compatibilità con la direttiva 2004/17 (e con altri principi comunitari) della disciplina nazionale dei settori esclusi nella parte in cui esclude la revisione del corrispettivo, con particolare riferimento ai contratti strumentali; la compatibilità con i principi comunitari della direttiva 2004/17 nell’ipotesi in cui si ritenesse che l’esclusione della revisione del corrispettivo sia imposta dalla stessa. La sentenza CGE del 19 aprile 2018 nella causa C-152/17 non ravvisava l’illegittimità della disciplina nazionale, in quanto l’immodificabilità delle condizioni contrattuali risponde ad esigenze di tutela della trasparenza e della concorrenza. Al contempo, precisava che il divieto di revisione non è un effetto comunitariamente obbligatorio: la Direttiva 2004/17 è semplicemente “non ostativa” ad una siffatta disciplina nazionale, ma non la impone. Pertanto, la questione sub b) veniva dichiarata irricevibile.
L’appellante, però, non demordeva: ed insisteva indicando varie questioni di incompatibilità comunitaria del diritto nazionale.
Due di queste sono state ritenute nuove dal Consiglio di Stato e sono così unitariamente riassumibili.
Sinteticamente, la circostanza della sopravvenuta contrattazione collettiva opererebbe “dall’esterno” come un fattore destinato ad incidere obbligatoriamente sull’assetto degli interessi definito dal contratto.
Se non si consentisse la modifica, pertanto, si imporrebbe una “prestazione supplementare” all’operatore economico affidatario, nonché si verificherebbe l’effetto distorsivo per cui quest’ultimo o subirebbe una ingiustificata compressione dell’utile (fino a farlo diventare negativo e mettere perfino a rischio la sopravvivenza della stessa impresa) o non adeguerebbe gli stipendi alla contrattazione collettiva.
Il carattere di novità che il Consiglio di Stato attribuisce a tali questioni implica l’obbligo da parte di quest’ultimo di un nuovo rinvio pregiudiziale, che però investe anche la stessa possibilità che vi possano essere più rinvii pregiudiziali nella stessa controversia (in quanto potrebbe generare un “abuso del processo” delle parti processuali, che potrebbero così innescare una serie di questioni pregiudiziali e sfuggire così ad una sentenza sfavorevole).
Il Consiglio di Stato, pertanto, con l’ordinanza in commento propone sia le questioni sostanziali “nuove”, sia la questione processuale avente ad oggetto la possibilità di questioni pregiudiziali “a catena”.
Diritto & Diritti, Rivista giuridica elettronica, ISSN 1127-8579, 2020
Benchè, a mio avviso, sufficientemente chiaro nella formulazione, l’art. 42-bis ha tra l’altro in... more Benchè, a mio avviso, sufficientemente chiaro nella formulazione, l’art. 42-bis ha tra l’altro incontrato sul suo cammino sia le vicende dell’individuazione dei confini della giurisdizione amministrativa e civile, sia la progressiva funzionalizzazione dei poteri del giudice amministrativo verso una sempre più piena tutela sostanziale delle situazioni giuridiche soggettive degli interessati.
Si tratta di una pronuncia che ha ricevuto l’attenzione di diversi commentatori (si v., ad es., l’articolo pubblicato su questa rivista disponibile al link https://www.diritto.it/alladunanza-plenaria-la-configurabilita-della-rinuncia-abdicativa-davanti-al-giudice-amministrativo/) e, pertanto, in questa breve nota mi limiterò ad evidenziare che, a prescindere dalle statuizioni dell’Adunanza Plenaria, l’art. 42-bis uscirà da questa vicenda quasi “risanato” dalle tribolazioni amministrative e giudiziali che ne hanno segnato l’applicazione.
I quesiti sono la forma dubitativa di una configurazione che esprime una linearità ed una coerenza interna e sistematica tali che, a mio modo di vedere, l’Adunanza Plenaria probabilmente la accoglierà o la rigetterà in toto, offrendo quindi un assetto di principi che probabilmente sarà in grado di dirimere anche questioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle oggetto dell’ordinanza di rimessione.
Diritto & Diritti, Rivista giuridica elettronica, ISSN 1127-8579, 2019
Il nuovo istituto dell’inversione delle fasi di gara (da ora in poi, più brevemente, “inversione”... more Il nuovo istituto dell’inversione delle fasi di gara (da ora in poi, più brevemente, “inversione”) nasce sotto la potente (e trendy) egida dei principi di semplificazione e speditezza dell’azione amministrativa.
Per comprendere appieno sia le ragioni della sua introduzione, sia il suo potenziale impatto, è utile porre l’attenzione sulla crucialità della lettura della graduatoria in seduta pubblica[1] (che può o meno coincidere con la proposta di aggiudicazione[2]) immediatamente dopo l’apertura e l’esame delle offerte economiche.
Nella prospettiva degli operatori economici partecipanti la conoscenza della graduatoria produce effetti immediati sulla programmazione dell’attività d’impresa. Seppur nella coscienza della strutturale precarietà del risultato[3], generalmente molti partecipanti perdono interesse verso la gara, pochi altri valutano l’eventualità di far valere i propri interessi oppositivi, mentre il primo classificato talora inizia le attività prodromiche all’esecuzione del (non più meramente possibile, ma ora probabile) contratto pubblico oggetto della gara.
Il momento della lettura della graduatoria è molto importante anche nella prospettiva delle Stazioni Appaltanti.
In primo luogo, in diversi casi la semplice lettura della graduatoria è sufficiente ad evitare il definanziamento del contratto pubblico: ciò avviene quando non si richiede né che siano perfezionati tutti gli elementi affinché possa parlarsi di “obbligazione giuridicamente perfezionata”[4], né che si addivenga all’aggiudicazione.
In secondo luogo, solitamente con la lettura della graduatoria termina il segmento procedurale caratterizzato dal principio di pubblicità delle sedute[5]: tale fase è caratterizzata da un impiego di risorse umane ed uno sforzo di pianificazione temporale dell’utilizzo delle stesse maggiori rispetto a quelli richiesti dall’attività di verifica dei requisiti e di controllo della regolarità degli atti di gara[6].
In terzo luogo, non è nemmeno da sottovalutare l’ ”effetto annuncio” della lettura della graduatoria, certamente benefico sia per le Amministrazioni a vario titolo interessate all’esecuzione del contratto oggetto di gara[7], sia per l’immagine generale della Pubblica Amministrazione.
Lo strumento dell’inversione consente inoltre alle Stazioni Appaltanti non solo di anticipare la lettura della graduatoria (che produce gli effetti positivi appena evidenziati di per sé ed a prescindere dall’effettivo inizio dell’esecuzione del contratto), ma anche, potenzialmente, di ridurre anche notevolmente il tempo complessivo della procedura di affidamento.
Attraverso l’istituto dell’inversione introdotto dal D.L. 32/2019, infatti, la talora lunghissima[8] fase di esame della documentazione amministrativa presentata da tutti gli operatori economici non solo non è più prodromica alla fase di apertura ed esame delle offerte economiche, ma scompare del tutto per far posto al potenzialmente molto più breve[9] controllo successivo sul miglior offerente e, a campione, sugli altri partecipanti, circa l’insussistenza di motivi di esclusione e la sussistenza dei requisiti e delle capacità di cui all’articolo 83 stabiliti dalla Stazione Appaltante.
L’istituto dell’inversione comporta però qualche sacrificio in termini assiologici e presenta diverse insidie applicative, come emergerà nel prosieguo della trattazione: valgano sin d’ora i seguenti due ordini generali di considerazioni.
Diritto & Diritti, Rivista giuridica elettronica, ISSN 1127-8579, 2019
Dopo l’emanazione del D.L. 32/2019 (c.d. “Sblocca cantieri”) è più che mai fervido il dibattito s... more Dopo l’emanazione del D.L. 32/2019 (c.d. “Sblocca cantieri”) è più che mai fervido il dibattito sul ruolo dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (per brevità, da ora in poi: “ANAC”) e sulla natura, la struttura e la funzione degli atti da essa prodotti, con particolare riferimento alle Linee Guida: in virtù dell’aggiunta del comma 27-octies all’articolo 216 D.lgs. 50/2016, con l’entrata in vigore del “regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione” cesserà l’efficacia delle Linee Guida ANAC adottate in attuazione di disposizioni codicistiche che vi demandavano la definizione delle discipline di dettaglio.
Sul piano prettamente giuridico, la disposizione fa sorgere almeno due ordini di questioni, perché va chiarito:
quale sia il rapporto tra le Linee Guida interessate dal comma 27-octies e le Linee Guida c.d. “vincolanti”; se nel periodo transitorio continui a permanere il potere regolatorio di modifica e rettifica delle Linee Guida interessate dal comma 27-octies. Sul piano mediatico, la disposizione è stata accolta come il segno del crepuscolo del soft law nel settore dei contratti pubblici, o comunque di un complessivo ridimensionamento del ruolo dell’ANAC. Il clamore è però obiettivamente sproporzionato perché, a ben vedere, il comma 27-octies riguarda le sole Linee Guida ANAC nn. 3 e 4, fondate rispettivamente sull’art. 31 c. 5 D.lgs. 50/2016 e sull’art. 36 c. 7 D. lgs. 50/2016[1], ovvero una piccola porzione della vastissima attività svolta dall’ANAC (basti pensare non solo alle altre 12 Linee Guida finora adottate, ma anche ai comunicati, ai pareri di precontenzioso, ecc.).
Lo sviluppo dell’informatica giuridica decisionale negli ordinamenti di civil law dipende in misu... more Lo sviluppo dell’informatica giuridica decisionale negli ordinamenti di civil law dipende in misura principale non tanto dai progressi dell’intelligenza artificiale, ma soprattutto da una collaborazione diffusa da parte di operatori teorici e pratici del diritto, istituzionali e non.
Non è cioè funzionale alla causa un approccio top-down per cui tutto verrebbe affidato ad un potentissimo e raffinatissimo software in grado di elaborare autonomamente decisioni giudiziali e amministrative.
È invece preferibile un approccio bottom-up, per cui il software verrebbe costruito su singole questioni giuridiche aggregandone i risultati ottenuti: gli output del software dovrebbero anche tenere conto della plurivocità di esiti decisori possibili (anche tra loro contrastanti), in modo tale da rappresentare nel modo più completo possibile gli orientamenti attuali (o perfino potenziali) in determinate materie.
Al fine di mostrare come potrebbe realizzarsi un progetto di informatica giuridica decisionale che aspiri ad una certa affidabilità per gli operatori del diritto, si esporrà l’architettura teorica di un semplicissimo software (realizzato mediante Excel e nato da un confronto con la società Flazio srl) avente ad oggetto la questione delle conseguenze dell’omissione dei costi della manodopera e/o degli oneri di sicurezza da parte di un operatore economico nell’ambito di una procedura di affidamento di un contratto pubblico.
A partire dalla sentenza n. 1367/2019 del Consiglio di Stato, nota per aver ritenuto legittima un... more A partire dalla sentenza n. 1367/2019 del Consiglio di Stato, nota per aver ritenuto legittima un'esclusione di un operatore economico ex art. 80 c. 5 lett. c) D.lgs. 50/2016 sulla base di un rinvio a giudizio, formulo una serie di considerazioni critiche riguardo la possibilità di ritenere rilevanti illeciti penali e mezzi probatori diversi da quelli di cui all'art. 80 c. 1. Mi spingo, inoltre, a fare delle considerazioni sia nella prospettiva delle Stazioni Appaltanti, sia riguardo possibili scenari de iure condendo.
Diritto & Diritti, Rivista giuridica elettronica, 2019
La prospettiva sostanzialistica nell’interpretazione del contratto di avvalimento va sempre più a... more La prospettiva sostanzialistica nell’interpretazione del contratto di avvalimento va sempre più affermandosi
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Nel 2012 (e quindi nel vigore del D.lgs. 163/2006) R.F.I. rigettava una richiesta di revisione de... more Nel 2012 (e quindi nel vigore del D.lgs. 163/2006) R.F.I. rigettava una richiesta di revisione del corrispettivo di un contratto di pulizie: attraverso la richiesta l’operatore economico affidatario mirava ad adeguarlo agli aumenti contrattuali dovuti in applicazione di una sopravvenuta contrattazione collettiva.
Il ricorso, sinteticamente, mirava a sostenere l’illegittimità costituzionale del mancato richiamo dell’art. 115 D.lgs. 163/2006 (il cui primo periodo così recitava: “tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo”) da parte dell’art. 206 D.lgs. 50/2016, che individuava le “norme applicabili” ai contratti relativi ai settori speciali.
Nel ricorso, inoltre, si configurava il servizio di pulizie come “neutro” e, pertanto, non funzionale, non strumentale alle attività che costituiscono il core della specialità che giustifica la diversa disciplina.
Con sentenza n. 433 dell’11 giugno 2014 il Tar Sardegna rigettava il ricorso, non rimettendo la q.l.c. alla Corte Costituzionale e ritenendo invece sussistente in concreto il nesso di strumentalità.
In appello, però, il ricorrente spostava l’asse del parametro di supposta illegittimità degli artt. 115 e 206 (ed altre disposizioni) dalle norme costituzionali al diritto comunitario, insisteva sulla diversa configurazione del contratto di pulizie come “neutro” e prefigurava perfino l’illegittimità della stessa Direttiva 2004/17.
Con una prima ordinanza di rinvio pregiudiziale (n. 1297 del 22 marzo 2017) il Consiglio di Stato, dopo aver convenuto con il giudice di prime cure riguardo l’affermazione del carattere strumentale del servizio di pulizie, poneva al giudice comunitario due questioni concernenti:
la compatibilità con la direttiva 2004/17 (e con altri principi comunitari) della disciplina nazionale dei settori esclusi nella parte in cui esclude la revisione del corrispettivo, con particolare riferimento ai contratti strumentali; la compatibilità con i principi comunitari della direttiva 2004/17 nell’ipotesi in cui si ritenesse che l’esclusione della revisione del corrispettivo sia imposta dalla stessa. La sentenza CGE del 19 aprile 2018 nella causa C-152/17 non ravvisava l’illegittimità della disciplina nazionale, in quanto l’immodificabilità delle condizioni contrattuali risponde ad esigenze di tutela della trasparenza e della concorrenza. Al contempo, precisava che il divieto di revisione non è un effetto comunitariamente obbligatorio: la Direttiva 2004/17 è semplicemente “non ostativa” ad una siffatta disciplina nazionale, ma non la impone. Pertanto, la questione sub b) veniva dichiarata irricevibile.
L’appellante, però, non demordeva: ed insisteva indicando varie questioni di incompatibilità comunitaria del diritto nazionale.
Due di queste sono state ritenute nuove dal Consiglio di Stato e sono così unitariamente riassumibili.
Sinteticamente, la circostanza della sopravvenuta contrattazione collettiva opererebbe “dall’esterno” come un fattore destinato ad incidere obbligatoriamente sull’assetto degli interessi definito dal contratto.
Se non si consentisse la modifica, pertanto, si imporrebbe una “prestazione supplementare” all’operatore economico affidatario, nonché si verificherebbe l’effetto distorsivo per cui quest’ultimo o subirebbe una ingiustificata compressione dell’utile (fino a farlo diventare negativo e mettere perfino a rischio la sopravvivenza della stessa impresa) o non adeguerebbe gli stipendi alla contrattazione collettiva.
Il carattere di novità che il Consiglio di Stato attribuisce a tali questioni implica l’obbligo da parte di quest’ultimo di un nuovo rinvio pregiudiziale, che però investe anche la stessa possibilità che vi possano essere più rinvii pregiudiziali nella stessa controversia (in quanto potrebbe generare un “abuso del processo” delle parti processuali, che potrebbero così innescare una serie di questioni pregiudiziali e sfuggire così ad una sentenza sfavorevole).
Il Consiglio di Stato, pertanto, con l’ordinanza in commento propone sia le questioni sostanziali “nuove”, sia la questione processuale avente ad oggetto la possibilità di questioni pregiudiziali “a catena”.
Diritto & Diritti, Rivista giuridica elettronica, ISSN 1127-8579, 2020
Benchè, a mio avviso, sufficientemente chiaro nella formulazione, l’art. 42-bis ha tra l’altro in... more Benchè, a mio avviso, sufficientemente chiaro nella formulazione, l’art. 42-bis ha tra l’altro incontrato sul suo cammino sia le vicende dell’individuazione dei confini della giurisdizione amministrativa e civile, sia la progressiva funzionalizzazione dei poteri del giudice amministrativo verso una sempre più piena tutela sostanziale delle situazioni giuridiche soggettive degli interessati.
Si tratta di una pronuncia che ha ricevuto l’attenzione di diversi commentatori (si v., ad es., l’articolo pubblicato su questa rivista disponibile al link https://www.diritto.it/alladunanza-plenaria-la-configurabilita-della-rinuncia-abdicativa-davanti-al-giudice-amministrativo/) e, pertanto, in questa breve nota mi limiterò ad evidenziare che, a prescindere dalle statuizioni dell’Adunanza Plenaria, l’art. 42-bis uscirà da questa vicenda quasi “risanato” dalle tribolazioni amministrative e giudiziali che ne hanno segnato l’applicazione.
I quesiti sono la forma dubitativa di una configurazione che esprime una linearità ed una coerenza interna e sistematica tali che, a mio modo di vedere, l’Adunanza Plenaria probabilmente la accoglierà o la rigetterà in toto, offrendo quindi un assetto di principi che probabilmente sarà in grado di dirimere anche questioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle oggetto dell’ordinanza di rimessione.
Diritto & Diritti, Rivista giuridica elettronica, ISSN 1127-8579, 2019
Il nuovo istituto dell’inversione delle fasi di gara (da ora in poi, più brevemente, “inversione”... more Il nuovo istituto dell’inversione delle fasi di gara (da ora in poi, più brevemente, “inversione”) nasce sotto la potente (e trendy) egida dei principi di semplificazione e speditezza dell’azione amministrativa.
Per comprendere appieno sia le ragioni della sua introduzione, sia il suo potenziale impatto, è utile porre l’attenzione sulla crucialità della lettura della graduatoria in seduta pubblica[1] (che può o meno coincidere con la proposta di aggiudicazione[2]) immediatamente dopo l’apertura e l’esame delle offerte economiche.
Nella prospettiva degli operatori economici partecipanti la conoscenza della graduatoria produce effetti immediati sulla programmazione dell’attività d’impresa. Seppur nella coscienza della strutturale precarietà del risultato[3], generalmente molti partecipanti perdono interesse verso la gara, pochi altri valutano l’eventualità di far valere i propri interessi oppositivi, mentre il primo classificato talora inizia le attività prodromiche all’esecuzione del (non più meramente possibile, ma ora probabile) contratto pubblico oggetto della gara.
Il momento della lettura della graduatoria è molto importante anche nella prospettiva delle Stazioni Appaltanti.
In primo luogo, in diversi casi la semplice lettura della graduatoria è sufficiente ad evitare il definanziamento del contratto pubblico: ciò avviene quando non si richiede né che siano perfezionati tutti gli elementi affinché possa parlarsi di “obbligazione giuridicamente perfezionata”[4], né che si addivenga all’aggiudicazione.
In secondo luogo, solitamente con la lettura della graduatoria termina il segmento procedurale caratterizzato dal principio di pubblicità delle sedute[5]: tale fase è caratterizzata da un impiego di risorse umane ed uno sforzo di pianificazione temporale dell’utilizzo delle stesse maggiori rispetto a quelli richiesti dall’attività di verifica dei requisiti e di controllo della regolarità degli atti di gara[6].
In terzo luogo, non è nemmeno da sottovalutare l’ ”effetto annuncio” della lettura della graduatoria, certamente benefico sia per le Amministrazioni a vario titolo interessate all’esecuzione del contratto oggetto di gara[7], sia per l’immagine generale della Pubblica Amministrazione.
Lo strumento dell’inversione consente inoltre alle Stazioni Appaltanti non solo di anticipare la lettura della graduatoria (che produce gli effetti positivi appena evidenziati di per sé ed a prescindere dall’effettivo inizio dell’esecuzione del contratto), ma anche, potenzialmente, di ridurre anche notevolmente il tempo complessivo della procedura di affidamento.
Attraverso l’istituto dell’inversione introdotto dal D.L. 32/2019, infatti, la talora lunghissima[8] fase di esame della documentazione amministrativa presentata da tutti gli operatori economici non solo non è più prodromica alla fase di apertura ed esame delle offerte economiche, ma scompare del tutto per far posto al potenzialmente molto più breve[9] controllo successivo sul miglior offerente e, a campione, sugli altri partecipanti, circa l’insussistenza di motivi di esclusione e la sussistenza dei requisiti e delle capacità di cui all’articolo 83 stabiliti dalla Stazione Appaltante.
L’istituto dell’inversione comporta però qualche sacrificio in termini assiologici e presenta diverse insidie applicative, come emergerà nel prosieguo della trattazione: valgano sin d’ora i seguenti due ordini generali di considerazioni.
Diritto & Diritti, Rivista giuridica elettronica, ISSN 1127-8579, 2019
Dopo l’emanazione del D.L. 32/2019 (c.d. “Sblocca cantieri”) è più che mai fervido il dibattito s... more Dopo l’emanazione del D.L. 32/2019 (c.d. “Sblocca cantieri”) è più che mai fervido il dibattito sul ruolo dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (per brevità, da ora in poi: “ANAC”) e sulla natura, la struttura e la funzione degli atti da essa prodotti, con particolare riferimento alle Linee Guida: in virtù dell’aggiunta del comma 27-octies all’articolo 216 D.lgs. 50/2016, con l’entrata in vigore del “regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione” cesserà l’efficacia delle Linee Guida ANAC adottate in attuazione di disposizioni codicistiche che vi demandavano la definizione delle discipline di dettaglio.
Sul piano prettamente giuridico, la disposizione fa sorgere almeno due ordini di questioni, perché va chiarito:
quale sia il rapporto tra le Linee Guida interessate dal comma 27-octies e le Linee Guida c.d. “vincolanti”; se nel periodo transitorio continui a permanere il potere regolatorio di modifica e rettifica delle Linee Guida interessate dal comma 27-octies. Sul piano mediatico, la disposizione è stata accolta come il segno del crepuscolo del soft law nel settore dei contratti pubblici, o comunque di un complessivo ridimensionamento del ruolo dell’ANAC. Il clamore è però obiettivamente sproporzionato perché, a ben vedere, il comma 27-octies riguarda le sole Linee Guida ANAC nn. 3 e 4, fondate rispettivamente sull’art. 31 c. 5 D.lgs. 50/2016 e sull’art. 36 c. 7 D. lgs. 50/2016[1], ovvero una piccola porzione della vastissima attività svolta dall’ANAC (basti pensare non solo alle altre 12 Linee Guida finora adottate, ma anche ai comunicati, ai pareri di precontenzioso, ecc.).
Lo sviluppo dell’informatica giuridica decisionale negli ordinamenti di civil law dipende in misu... more Lo sviluppo dell’informatica giuridica decisionale negli ordinamenti di civil law dipende in misura principale non tanto dai progressi dell’intelligenza artificiale, ma soprattutto da una collaborazione diffusa da parte di operatori teorici e pratici del diritto, istituzionali e non.
Non è cioè funzionale alla causa un approccio top-down per cui tutto verrebbe affidato ad un potentissimo e raffinatissimo software in grado di elaborare autonomamente decisioni giudiziali e amministrative.
È invece preferibile un approccio bottom-up, per cui il software verrebbe costruito su singole questioni giuridiche aggregandone i risultati ottenuti: gli output del software dovrebbero anche tenere conto della plurivocità di esiti decisori possibili (anche tra loro contrastanti), in modo tale da rappresentare nel modo più completo possibile gli orientamenti attuali (o perfino potenziali) in determinate materie.
Al fine di mostrare come potrebbe realizzarsi un progetto di informatica giuridica decisionale che aspiri ad una certa affidabilità per gli operatori del diritto, si esporrà l’architettura teorica di un semplicissimo software (realizzato mediante Excel e nato da un confronto con la società Flazio srl) avente ad oggetto la questione delle conseguenze dell’omissione dei costi della manodopera e/o degli oneri di sicurezza da parte di un operatore economico nell’ambito di una procedura di affidamento di un contratto pubblico.
A partire dalla sentenza n. 1367/2019 del Consiglio di Stato, nota per aver ritenuto legittima un... more A partire dalla sentenza n. 1367/2019 del Consiglio di Stato, nota per aver ritenuto legittima un'esclusione di un operatore economico ex art. 80 c. 5 lett. c) D.lgs. 50/2016 sulla base di un rinvio a giudizio, formulo una serie di considerazioni critiche riguardo la possibilità di ritenere rilevanti illeciti penali e mezzi probatori diversi da quelli di cui all'art. 80 c. 1. Mi spingo, inoltre, a fare delle considerazioni sia nella prospettiva delle Stazioni Appaltanti, sia riguardo possibili scenari de iure condendo.
This first version of the paper is different from the more complete version that I'm preparing fo... more This first version of the paper is different from the more complete version that I'm preparing for the Acts of the Congress.
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Il ricorso, sinteticamente, mirava a sostenere l’illegittimità costituzionale del mancato richiamo dell’art. 115 D.lgs. 163/2006 (il cui primo periodo così recitava: “tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo”) da parte dell’art. 206 D.lgs. 50/2016, che individuava le “norme applicabili” ai contratti relativi ai settori speciali.
Nel ricorso, inoltre, si configurava il servizio di pulizie come “neutro” e, pertanto, non funzionale, non strumentale alle attività che costituiscono il core della specialità che giustifica la diversa disciplina.
Con sentenza n. 433 dell’11 giugno 2014 il Tar Sardegna rigettava il ricorso, non rimettendo la q.l.c. alla Corte Costituzionale e ritenendo invece sussistente in concreto il nesso di strumentalità.
In appello, però, il ricorrente spostava l’asse del parametro di supposta illegittimità degli artt. 115 e 206 (ed altre disposizioni) dalle norme costituzionali al diritto comunitario, insisteva sulla diversa configurazione del contratto di pulizie come “neutro” e prefigurava perfino l’illegittimità della stessa Direttiva 2004/17.
Con una prima ordinanza di rinvio pregiudiziale (n. 1297 del 22 marzo 2017) il Consiglio di Stato, dopo aver convenuto con il giudice di prime cure riguardo l’affermazione del carattere strumentale del servizio di pulizie, poneva al giudice comunitario due questioni concernenti:
la compatibilità con la direttiva 2004/17 (e con altri principi comunitari) della disciplina nazionale dei settori esclusi nella parte in cui esclude la revisione del corrispettivo, con particolare riferimento ai contratti strumentali;
la compatibilità con i principi comunitari della direttiva 2004/17 nell’ipotesi in cui si ritenesse che l’esclusione della revisione del corrispettivo sia imposta dalla stessa.
La sentenza CGE del 19 aprile 2018 nella causa C-152/17 non ravvisava l’illegittimità della disciplina nazionale, in quanto l’immodificabilità delle condizioni contrattuali risponde ad esigenze di tutela della trasparenza e della concorrenza. Al contempo, precisava che il divieto di revisione non è un effetto comunitariamente obbligatorio: la Direttiva 2004/17 è semplicemente “non ostativa” ad una siffatta disciplina nazionale, ma non la impone. Pertanto, la questione sub b) veniva dichiarata irricevibile.
L’appellante, però, non demordeva: ed insisteva indicando varie questioni di incompatibilità comunitaria del diritto nazionale.
Due di queste sono state ritenute nuove dal Consiglio di Stato e sono così unitariamente riassumibili.
Sinteticamente, la circostanza della sopravvenuta contrattazione collettiva opererebbe “dall’esterno” come un fattore destinato ad incidere obbligatoriamente sull’assetto degli interessi definito dal contratto.
Se non si consentisse la modifica, pertanto, si imporrebbe una “prestazione supplementare” all’operatore economico affidatario, nonché si verificherebbe l’effetto distorsivo per cui quest’ultimo o subirebbe una ingiustificata compressione dell’utile (fino a farlo diventare negativo e mettere perfino a rischio la sopravvivenza della stessa impresa) o non adeguerebbe gli stipendi alla contrattazione collettiva.
Il carattere di novità che il Consiglio di Stato attribuisce a tali questioni implica l’obbligo da parte di quest’ultimo di un nuovo rinvio pregiudiziale, che però investe anche la stessa possibilità che vi possano essere più rinvii pregiudiziali nella stessa controversia (in quanto potrebbe generare un “abuso del processo” delle parti processuali, che potrebbero così innescare una serie di questioni pregiudiziali e sfuggire così ad una sentenza sfavorevole).
Il Consiglio di Stato, pertanto, con l’ordinanza in commento propone sia le questioni sostanziali “nuove”, sia la questione processuale avente ad oggetto la possibilità di questioni pregiudiziali “a catena”.
Si tratta di una pronuncia che ha ricevuto l’attenzione di diversi commentatori (si v., ad es., l’articolo pubblicato su questa rivista disponibile al link https://www.diritto.it/alladunanza-plenaria-la-configurabilita-della-rinuncia-abdicativa-davanti-al-giudice-amministrativo/) e, pertanto, in questa breve nota mi limiterò ad evidenziare che, a prescindere dalle statuizioni dell’Adunanza Plenaria, l’art. 42-bis uscirà da questa vicenda quasi “risanato” dalle tribolazioni amministrative e giudiziali che ne hanno segnato l’applicazione.
I quesiti sono la forma dubitativa di una configurazione che esprime una linearità ed una coerenza interna e sistematica tali che, a mio modo di vedere, l’Adunanza Plenaria probabilmente la accoglierà o la rigetterà in toto, offrendo quindi un assetto di principi che probabilmente sarà in grado di dirimere anche questioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle oggetto dell’ordinanza di rimessione.
Per comprendere appieno sia le ragioni della sua introduzione, sia il suo potenziale impatto, è utile porre l’attenzione sulla crucialità della lettura della graduatoria in seduta pubblica[1] (che può o meno coincidere con la proposta di aggiudicazione[2]) immediatamente dopo l’apertura e l’esame delle offerte economiche.
Nella prospettiva degli operatori economici partecipanti la conoscenza della graduatoria produce effetti immediati sulla programmazione dell’attività d’impresa. Seppur nella coscienza della strutturale precarietà del risultato[3], generalmente molti partecipanti perdono interesse verso la gara, pochi altri valutano l’eventualità di far valere i propri interessi oppositivi, mentre il primo classificato talora inizia le attività prodromiche all’esecuzione del (non più meramente possibile, ma ora probabile) contratto pubblico oggetto della gara.
Il momento della lettura della graduatoria è molto importante anche nella prospettiva delle Stazioni Appaltanti.
In primo luogo, in diversi casi la semplice lettura della graduatoria è sufficiente ad evitare il definanziamento del contratto pubblico: ciò avviene quando non si richiede né che siano perfezionati tutti gli elementi affinché possa parlarsi di “obbligazione giuridicamente perfezionata”[4], né che si addivenga all’aggiudicazione.
In secondo luogo, solitamente con la lettura della graduatoria termina il segmento procedurale caratterizzato dal principio di pubblicità delle sedute[5]: tale fase è caratterizzata da un impiego di risorse umane ed uno sforzo di pianificazione temporale dell’utilizzo delle stesse maggiori rispetto a quelli richiesti dall’attività di verifica dei requisiti e di controllo della regolarità degli atti di gara[6].
In terzo luogo, non è nemmeno da sottovalutare l’ ”effetto annuncio” della lettura della graduatoria, certamente benefico sia per le Amministrazioni a vario titolo interessate all’esecuzione del contratto oggetto di gara[7], sia per l’immagine generale della Pubblica Amministrazione.
Lo strumento dell’inversione consente inoltre alle Stazioni Appaltanti non solo di anticipare la lettura della graduatoria (che produce gli effetti positivi appena evidenziati di per sé ed a prescindere dall’effettivo inizio dell’esecuzione del contratto), ma anche, potenzialmente, di ridurre anche notevolmente il tempo complessivo della procedura di affidamento.
Attraverso l’istituto dell’inversione introdotto dal D.L. 32/2019, infatti, la talora lunghissima[8] fase di esame della documentazione amministrativa presentata da tutti gli operatori economici non solo non è più prodromica alla fase di apertura ed esame delle offerte economiche, ma scompare del tutto per far posto al potenzialmente molto più breve[9] controllo successivo sul miglior offerente e, a campione, sugli altri partecipanti, circa l’insussistenza di motivi di esclusione e la sussistenza dei requisiti e delle capacità di cui all’articolo 83 stabiliti dalla Stazione Appaltante.
L’istituto dell’inversione comporta però qualche sacrificio in termini assiologici e presenta diverse insidie applicative, come emergerà nel prosieguo della trattazione: valgano sin d’ora i seguenti due ordini generali di considerazioni.
Sul piano prettamente giuridico, la disposizione fa sorgere almeno due ordini di questioni, perché va chiarito:
quale sia il rapporto tra le Linee Guida interessate dal comma 27-octies e le Linee Guida c.d. “vincolanti”;
se nel periodo transitorio continui a permanere il potere regolatorio di modifica e rettifica delle Linee Guida interessate dal comma 27-octies.
Sul piano mediatico, la disposizione è stata accolta come il segno del crepuscolo del soft law nel settore dei contratti pubblici, o comunque di un complessivo ridimensionamento del ruolo dell’ANAC. Il clamore è però obiettivamente sproporzionato perché, a ben vedere, il comma 27-octies riguarda le sole Linee Guida ANAC nn. 3 e 4, fondate rispettivamente sull’art. 31 c. 5 D.lgs. 50/2016 e sull’art. 36 c. 7 D. lgs. 50/2016[1], ovvero una piccola porzione della vastissima attività svolta dall’ANAC (basti pensare non solo alle altre 12 Linee Guida finora adottate, ma anche ai comunicati, ai pareri di precontenzioso, ecc.).
Non è cioè funzionale alla causa un approccio top-down per cui tutto verrebbe affidato ad un potentissimo e raffinatissimo software in grado di elaborare autonomamente decisioni giudiziali e amministrative.
È invece preferibile un approccio bottom-up, per cui il software verrebbe costruito su singole questioni giuridiche aggregandone i risultati ottenuti: gli output del software dovrebbero anche tenere conto della plurivocità di esiti decisori possibili (anche tra loro contrastanti), in modo tale da rappresentare nel modo più completo possibile gli orientamenti attuali (o perfino potenziali) in determinate materie.
Al fine di mostrare come potrebbe realizzarsi un progetto di informatica giuridica decisionale che aspiri ad una certa affidabilità per gli operatori del diritto, si esporrà l’architettura teorica di un semplicissimo software (realizzato mediante Excel e nato da un confronto con la società Flazio srl) avente ad oggetto la questione delle conseguenze dell’omissione dei costi della manodopera e/o degli oneri di sicurezza da parte di un operatore economico nell’ambito di una procedura di affidamento di un contratto pubblico.
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Il ricorso, sinteticamente, mirava a sostenere l’illegittimità costituzionale del mancato richiamo dell’art. 115 D.lgs. 163/2006 (il cui primo periodo così recitava: “tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo”) da parte dell’art. 206 D.lgs. 50/2016, che individuava le “norme applicabili” ai contratti relativi ai settori speciali.
Nel ricorso, inoltre, si configurava il servizio di pulizie come “neutro” e, pertanto, non funzionale, non strumentale alle attività che costituiscono il core della specialità che giustifica la diversa disciplina.
Con sentenza n. 433 dell’11 giugno 2014 il Tar Sardegna rigettava il ricorso, non rimettendo la q.l.c. alla Corte Costituzionale e ritenendo invece sussistente in concreto il nesso di strumentalità.
In appello, però, il ricorrente spostava l’asse del parametro di supposta illegittimità degli artt. 115 e 206 (ed altre disposizioni) dalle norme costituzionali al diritto comunitario, insisteva sulla diversa configurazione del contratto di pulizie come “neutro” e prefigurava perfino l’illegittimità della stessa Direttiva 2004/17.
Con una prima ordinanza di rinvio pregiudiziale (n. 1297 del 22 marzo 2017) il Consiglio di Stato, dopo aver convenuto con il giudice di prime cure riguardo l’affermazione del carattere strumentale del servizio di pulizie, poneva al giudice comunitario due questioni concernenti:
la compatibilità con la direttiva 2004/17 (e con altri principi comunitari) della disciplina nazionale dei settori esclusi nella parte in cui esclude la revisione del corrispettivo, con particolare riferimento ai contratti strumentali;
la compatibilità con i principi comunitari della direttiva 2004/17 nell’ipotesi in cui si ritenesse che l’esclusione della revisione del corrispettivo sia imposta dalla stessa.
La sentenza CGE del 19 aprile 2018 nella causa C-152/17 non ravvisava l’illegittimità della disciplina nazionale, in quanto l’immodificabilità delle condizioni contrattuali risponde ad esigenze di tutela della trasparenza e della concorrenza. Al contempo, precisava che il divieto di revisione non è un effetto comunitariamente obbligatorio: la Direttiva 2004/17 è semplicemente “non ostativa” ad una siffatta disciplina nazionale, ma non la impone. Pertanto, la questione sub b) veniva dichiarata irricevibile.
L’appellante, però, non demordeva: ed insisteva indicando varie questioni di incompatibilità comunitaria del diritto nazionale.
Due di queste sono state ritenute nuove dal Consiglio di Stato e sono così unitariamente riassumibili.
Sinteticamente, la circostanza della sopravvenuta contrattazione collettiva opererebbe “dall’esterno” come un fattore destinato ad incidere obbligatoriamente sull’assetto degli interessi definito dal contratto.
Se non si consentisse la modifica, pertanto, si imporrebbe una “prestazione supplementare” all’operatore economico affidatario, nonché si verificherebbe l’effetto distorsivo per cui quest’ultimo o subirebbe una ingiustificata compressione dell’utile (fino a farlo diventare negativo e mettere perfino a rischio la sopravvivenza della stessa impresa) o non adeguerebbe gli stipendi alla contrattazione collettiva.
Il carattere di novità che il Consiglio di Stato attribuisce a tali questioni implica l’obbligo da parte di quest’ultimo di un nuovo rinvio pregiudiziale, che però investe anche la stessa possibilità che vi possano essere più rinvii pregiudiziali nella stessa controversia (in quanto potrebbe generare un “abuso del processo” delle parti processuali, che potrebbero così innescare una serie di questioni pregiudiziali e sfuggire così ad una sentenza sfavorevole).
Il Consiglio di Stato, pertanto, con l’ordinanza in commento propone sia le questioni sostanziali “nuove”, sia la questione processuale avente ad oggetto la possibilità di questioni pregiudiziali “a catena”.
Si tratta di una pronuncia che ha ricevuto l’attenzione di diversi commentatori (si v., ad es., l’articolo pubblicato su questa rivista disponibile al link https://www.diritto.it/alladunanza-plenaria-la-configurabilita-della-rinuncia-abdicativa-davanti-al-giudice-amministrativo/) e, pertanto, in questa breve nota mi limiterò ad evidenziare che, a prescindere dalle statuizioni dell’Adunanza Plenaria, l’art. 42-bis uscirà da questa vicenda quasi “risanato” dalle tribolazioni amministrative e giudiziali che ne hanno segnato l’applicazione.
I quesiti sono la forma dubitativa di una configurazione che esprime una linearità ed una coerenza interna e sistematica tali che, a mio modo di vedere, l’Adunanza Plenaria probabilmente la accoglierà o la rigetterà in toto, offrendo quindi un assetto di principi che probabilmente sarà in grado di dirimere anche questioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle oggetto dell’ordinanza di rimessione.
Per comprendere appieno sia le ragioni della sua introduzione, sia il suo potenziale impatto, è utile porre l’attenzione sulla crucialità della lettura della graduatoria in seduta pubblica[1] (che può o meno coincidere con la proposta di aggiudicazione[2]) immediatamente dopo l’apertura e l’esame delle offerte economiche.
Nella prospettiva degli operatori economici partecipanti la conoscenza della graduatoria produce effetti immediati sulla programmazione dell’attività d’impresa. Seppur nella coscienza della strutturale precarietà del risultato[3], generalmente molti partecipanti perdono interesse verso la gara, pochi altri valutano l’eventualità di far valere i propri interessi oppositivi, mentre il primo classificato talora inizia le attività prodromiche all’esecuzione del (non più meramente possibile, ma ora probabile) contratto pubblico oggetto della gara.
Il momento della lettura della graduatoria è molto importante anche nella prospettiva delle Stazioni Appaltanti.
In primo luogo, in diversi casi la semplice lettura della graduatoria è sufficiente ad evitare il definanziamento del contratto pubblico: ciò avviene quando non si richiede né che siano perfezionati tutti gli elementi affinché possa parlarsi di “obbligazione giuridicamente perfezionata”[4], né che si addivenga all’aggiudicazione.
In secondo luogo, solitamente con la lettura della graduatoria termina il segmento procedurale caratterizzato dal principio di pubblicità delle sedute[5]: tale fase è caratterizzata da un impiego di risorse umane ed uno sforzo di pianificazione temporale dell’utilizzo delle stesse maggiori rispetto a quelli richiesti dall’attività di verifica dei requisiti e di controllo della regolarità degli atti di gara[6].
In terzo luogo, non è nemmeno da sottovalutare l’ ”effetto annuncio” della lettura della graduatoria, certamente benefico sia per le Amministrazioni a vario titolo interessate all’esecuzione del contratto oggetto di gara[7], sia per l’immagine generale della Pubblica Amministrazione.
Lo strumento dell’inversione consente inoltre alle Stazioni Appaltanti non solo di anticipare la lettura della graduatoria (che produce gli effetti positivi appena evidenziati di per sé ed a prescindere dall’effettivo inizio dell’esecuzione del contratto), ma anche, potenzialmente, di ridurre anche notevolmente il tempo complessivo della procedura di affidamento.
Attraverso l’istituto dell’inversione introdotto dal D.L. 32/2019, infatti, la talora lunghissima[8] fase di esame della documentazione amministrativa presentata da tutti gli operatori economici non solo non è più prodromica alla fase di apertura ed esame delle offerte economiche, ma scompare del tutto per far posto al potenzialmente molto più breve[9] controllo successivo sul miglior offerente e, a campione, sugli altri partecipanti, circa l’insussistenza di motivi di esclusione e la sussistenza dei requisiti e delle capacità di cui all’articolo 83 stabiliti dalla Stazione Appaltante.
L’istituto dell’inversione comporta però qualche sacrificio in termini assiologici e presenta diverse insidie applicative, come emergerà nel prosieguo della trattazione: valgano sin d’ora i seguenti due ordini generali di considerazioni.
Sul piano prettamente giuridico, la disposizione fa sorgere almeno due ordini di questioni, perché va chiarito:
quale sia il rapporto tra le Linee Guida interessate dal comma 27-octies e le Linee Guida c.d. “vincolanti”;
se nel periodo transitorio continui a permanere il potere regolatorio di modifica e rettifica delle Linee Guida interessate dal comma 27-octies.
Sul piano mediatico, la disposizione è stata accolta come il segno del crepuscolo del soft law nel settore dei contratti pubblici, o comunque di un complessivo ridimensionamento del ruolo dell’ANAC. Il clamore è però obiettivamente sproporzionato perché, a ben vedere, il comma 27-octies riguarda le sole Linee Guida ANAC nn. 3 e 4, fondate rispettivamente sull’art. 31 c. 5 D.lgs. 50/2016 e sull’art. 36 c. 7 D. lgs. 50/2016[1], ovvero una piccola porzione della vastissima attività svolta dall’ANAC (basti pensare non solo alle altre 12 Linee Guida finora adottate, ma anche ai comunicati, ai pareri di precontenzioso, ecc.).
Non è cioè funzionale alla causa un approccio top-down per cui tutto verrebbe affidato ad un potentissimo e raffinatissimo software in grado di elaborare autonomamente decisioni giudiziali e amministrative.
È invece preferibile un approccio bottom-up, per cui il software verrebbe costruito su singole questioni giuridiche aggregandone i risultati ottenuti: gli output del software dovrebbero anche tenere conto della plurivocità di esiti decisori possibili (anche tra loro contrastanti), in modo tale da rappresentare nel modo più completo possibile gli orientamenti attuali (o perfino potenziali) in determinate materie.
Al fine di mostrare come potrebbe realizzarsi un progetto di informatica giuridica decisionale che aspiri ad una certa affidabilità per gli operatori del diritto, si esporrà l’architettura teorica di un semplicissimo software (realizzato mediante Excel e nato da un confronto con la società Flazio srl) avente ad oggetto la questione delle conseguenze dell’omissione dei costi della manodopera e/o degli oneri di sicurezza da parte di un operatore economico nell’ambito di una procedura di affidamento di un contratto pubblico.